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Canale Energia - Crosslab, laboratori integrati e aperti alle aziende per promuovere l’Industria 4.0
Favorire una collaborazione proficua tra mondo dell’impresa e della ricerca per contribuire a concretizzare il piano Industria 4.0 in Italia. E’ questo l’obiettivo del progetto “CrossLab’ articolato in 6 laboratori interdisciplinari, strutture in cui tecnologie all’avanguardia e competenze di alto livello potranno essere messe a disposizione delle aziende per favorirne lo sviluppo tecnologico.
L’iniziativa, gestita dal Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DII) dell’Università di Pisa, è stata finanziata dal MIUR con oltre nove milioni di euro tramite il bando “Dipartimento di Eccellenza”.
Insieme al direttore del DII Giuseppe Anastasi abbiamo approfondito alcuni aspetti del progetto
Qual è la cornice all’interno della quale si inserisce il progetto?
Questo progetto non è un comune progetto di ricerca, è un piano di sviluppo del dipartimento per i prossimi cinque anni ed è relativo al bando “Dipartimenti di Eccellenza” del MIUR. Il Governo Renzi nella finanziaria per il 2017 aveva inserito delle norme che introducevano un certo fondo di finanziamento per quei dipartimenti che si “distinguono per l’eccellenza nella qualità della ricerca e nella progettualità scientifica, organizzativa e didattica”. Nell’ambito di questa cornice il MIUR ha pre-selezionato 350 dipartimenti universitari, sui circa 900 esistenti, considerati come potenzialmente eccellenti. Queste strutture hanno dovuto presentare un progetto di sviluppo di durata quinquennale poi valutato da una commissione internazionale. Da questi 350 dipartimenti ne sono stati selezionati 180.
Qual è in particolare l’idea centrale del bando? Quali sono stati gli ulteriori step?
L’idea è semplice: viene messa a disposizione una determinata cifra e si richiede al dipartimento di sviluppare una serie di iniziative nel giro di 5 anni in modo da ottenere un miglioramento significativo nella qualità della ricerca e nelle attività ad essa collegate. A maggio scorso il MIUR ha reso noto la lista dei 350 dipartimenti che potevano concorrere e a ottobre ogni Dipartimento ha presentato il proprio piano di sviluppo. Le proposte sono state valutate da una commissione di esperti internazionali e i risultati sono stati resi noti a inizio gennaio, quando il MIUR ha pubblicato l’elenco dei 180 “Dipartimenti di Eccellenza” ammessi al finanziamento.
Nel bando si menzionava il fatto che i progetti potevano essere su qualsiasi argomento, ma c’era una preferenza per il tema Industria 4.0, quadro di riferimento attuale per lo sviluppo industriale in campo nazionale. Il progetto che noi abbiamo presentato si riferisce proprio a Industria 4.0.
Quali obiettivi si propone di attuare il progetto?
Nell’ambito del progetto vogliamo creare cinque laboratori interdisciplinari sulle tematiche relative a Industria 4.0. L’idea è quella di realizzare dei luoghi di ricerca, ma allo stesso tempo degli spazi aperti alla collaborazione di docenti di diversi settori disciplinari e, soprattutto, delle aziende. In particolare pensiamo principalmente alle piccole e medie imprese, realtà molto presenti sul territorio toscano, che spesso non hanno i fondi per permettersi l’acquisto di grandi attrezzature. Attraverso questo progetto puntiamo ad acquisire alcune apparecchiature sofisticate e all’avanguardia e, da un lato, a utilizzarle per le nostre attività di ricerca e didattica, dall’altro, a metterle a disposizione delle aziende. La modalità con cui ciò avverrà è ancora da definire, ma verrà specificate all’interno di un apposito regolamento di collaborazione.
L’idea di base in sintesi è questa: favorire la collaborazione con le aziende esterne mettendo a disposizione le nostre attrezzature e il nostro know how nelle forme che di volta in volta si riterranno più efficaci. Mi riferisco ad esempio alla partecipazione a progetti comuni o ad attività di ricerca commissionate dall’azienda stessa o ancora, come dicevo prima, all’utilizzo da parte di un’azienda delle attrezzature che abbiamo già nel laboratorio o che acquisiremo grazie ai fondi di questo progetto. Il tutto naturalmente in base a regole precise. L’ipotesi è che un’azienda paghi un piccolo contributo relativo ai costi di gestione per usufruire delle nostre attrezzature.
Come si struttureranno concretamente questi laboratori?
Come dicevo prima i laboratori previsti sono 5. Uno su ‘Additive Manufacturing’, ovvero produzione di nuovi materiali intelligenti, un altro su ‘Advanced Manufacturing’, ovvero utilizzo della robotica avanzata. Un terzo laboratorio riguarda poi la realtà aumentata finalizzata a rendere più efficienti alcuni processi industriali, mentre il quarto affronta il tema dell’Industrial Internet of Things, ovvero la possibilità di connettere a Internet i macchinari di un’industria facendoli comunicare tra loro in modo autonomo e intelligente. L’ultimo Crosslab, infine, è quello dedicato a Cloud Computing, Big Data e Cyber Security. I macchinari della fabbrica intelligente interconnessi tra loro mediante la Internet of Things producono molti dati e quindi è necessario ricorrere al Cloud, uno spazio dove questi dati possano essere memorizzati. Queste informazioni dovranno poi essere elaborate per prendere decisioni: ad esempio, per pianificare una manutenzione. In tal caso ci sarà la necessità di ricorrere ad algoritmi per elaborare grosse moli di dati. Infine l’interconnessione di tutti questi macchinari a Internet espone questi sistemi a possibili attacchi attraverso la rete, una questione che in ambito industriale è ancora più critica rispetto ad altri settori. Per questo motivo uno dei temi chiave da affrontare è quello della Cybersecurity. Il quinto Crosslab riguarda tutti questi aspetti: Cloud Computing, Big data e Cybersecurity.
Perchè introdurre anche un sesto Crosslab che coinvolge studiosi di area umanistica?
Industria 4.0 avrà sicuramente degli impatti notevoli sulla società in termini economici, sociali, politici, ecc. Per questo abbiamo deciso che bisognava aggiungere ai Crosslab tecnologici descritti in precedenza anche un ulteriore laboratorio che non fosse orientato a produrre soluzioni tecnologiche, bensì a studiare i possibili impatti dell’Information Technology sulla società da diversi punti di vista. In questo modo verrà favorita la collaborazione anche con ricercatori di altre aree disciplinari come quella umanistica, sociologica, giuridica ed economica.
Può fare un esempio di macchinario innovativo che verrà impiegato nell’ambito del progetto?
Posso citare l’esempio delle stampanti 3D. Si tratta di dispositivi abbastanza costosi, che non tutti possono permettersi di acquistare. Noi abbiamo già un certo numero di attrezzature nei nostri laboratori e prevediamo di acquistarne altre con i fondi del progetto. Se un’azienda ha bisogno di stampare un certo numero di pezzi e non dispone della stampa 3D può usare la nostra, pagando un piccolo contributo, ad esempio il costo del materiale utilizzato.
Quanto è importate realizzare progetti volti a promuovere una collaborazione proficua tra modo della ricerca e mondo delle aziende nell’ottica di un efficace trasferimento tecnologico?
Si tratta di un’opportunità molto importante. Il Ministero ha messo a disposizione una quantità di fondi rilevante, nel nostro caso sono circa nove milioni e mezzo circa di euro e, se si conta il cofinanziamento dell’Università di Pisa, si arriva a circa 11 milioni e mezzo. Inoltre, recentemente la Regione Toscana ha finanziato progetti, sottoposti in risposta a un bando competitivo, per circa 1 altro milione e 600 mila euro. E tutti questi progetti riguardano temi di Industria 4.0. Si tratta quindi di una somma considerevole per un dipartimento universitario che cercheremo di sfruttare per attivare collaborazioni con aziende dell’area e dare il nostro contributo allo sviluppo del territorio. Nell’ambito del progetto abbiamo, di fatto, costituito un piccolo Digital Innovation Hub che offre formazione e fa trasferimento tecnologico verso le imprese. Una realtà che cerca di coinvolgere le aziende e si pone come un ‘volano’ per lo sviluppo del territorio, naturalmente nei limiti propri del ruolo di un dipartimento universitario.